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MO! INCLUSION – MOSAICI INCLUSIVI PER IL G7 DELL’ INCLUSIONE E LA DISABILITA’
Questa mostra di mosaici nasce in un luogo, l’Officina dell’Arte di Pordenone – ITALY (centro lavorativo per persone con autismo adulte) nel quale persone, autistiche e non, lavorano assieme in maniera professionale riportando a nuova vita l’antica arte del mosaico.
L’Officina dell’arte è uno dei centri della rete di servizi che Fondazione Bambini e Autismo ONLUS in 26 anni ha realizzato per seguire persone e famiglie nell’arco della vita, con servizi appropriati a seconda dell’età e delle propensioni che ognuno ha.
L’esposizione parte da una selezione di ritratti realizzati da grandi artisti del passato. Le opere a loro volta sono state reinterpretate a mosaico dai nostri speciali mosaicisti che nella composizione hanno fatto uso anche di materiali diversi, a volte di scarto, e non sempre utilizzati nella tradizione musiva. Così accanto alle tessere di vetro policrome possiamo trovare chiodi, viti, conchiglie, bottoni, ecc.
Ma perché una mostra di volti? Il senso sta nel rappresentare l’attesa di persone che stanno aspettando il grande evento che dalla città di Assisi e dal Castello di Solfagnano coinvolgerà il mondo: il primo G7 su Inclusione e Disabilità foriero di una società dove tutte le persone possano dare il loro contributo.
I curatori
Sulle 9 opere esposte c’è un numero tattile in basso a destra per individuarle
Opera numero 1. Ritratto di giovane ragazza di Tamara de Lempicka, 1901
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima della De Lempicka realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, specchi, legno dipinto, tessere oro e pitture acriliche.
Dimensioni 50×50. Anno di realizzazione 2017
l “Ritratto di giovane ragazza” di Tamara de Lempicka è un’opera emblematicamente Art Déco, caratterizzata da linee eleganti e colori vivaci. La giovane ragazza, ritratta con uno stile distintivo, ha un’espressione serena e uno sguardo intenso. Il fondo è spesso minimalista, mettendo in risalto la figura centrale, che è rappresentata con una certa idealizzazione. I contrasti tra luci e ombre, insieme all’uso di tonalità brillanti, creano una sensazione di profondità e vitalità. Lempicka riesce a catturare l’essenza della gioventù e della modernità, rendendo il ritratto non solo un’immagine di bellezza, ma anche un simbolo di emancipazione e libertà femminile degli anni ’20 e ’30. Nell’opera realizzata presso Officina dell’Arte l’opera risulta estremamente luminosa, il volto è dipinto su legno ad eccezione di labbra e occhi realizzati con tessere di vetro mentre tutto il resto è realizzato con tessere di mosaico e lastre di vetro. L’abito è di colore verde pastello mentre il copricapo è decorato da lastre di vetro color oro. La ragazza tiene in mano, vicino al volto, un mazzo di fiori rosa, realizzati con pasta polimerica. Lo sfondo è realizzato con lastre di vetro color argento e specchio.
Opera numero 2. Il velo verde di Tamara de Lempicka, 1924
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima della De Lempicka realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, vetro colorato, specchi, legno dipinto, murrine, tessere oro, graniglia di vetro e pitture acriliche.
Dimensioni 50×50. Anno di realizzazione 2016
“Il Velo Verde” di Tamara de Lempicka è un’opera iconica che incarna perfettamente lo stile Art Déco dell’artista. Nel dipinto, una figura femminile elegante è rappresentata in un abito verde brillante, avvolta in un velo trasparente che conferisce un senso di mistero e sensualità. La donna, con un’espressione serena e sicura, si trova in una posa statica, ma al contempo dinamica, con una leggera inclinazione del corpo. Lo sfondo è caratterizzato da tonalità calde e sfumature morbide, che mettono in risalto i contrasti del velo e dell’abito. L’uso di luci e ombre accentua le forme e i volumi, creando un senso di profondità. La combinazione di linee fluide e geometriche è tipica di Lempicka, contribuendo a un’armonia visiva che cattura l’attenzione dello spettatore. L’opera riflette non solo la bellezza femminile, ma anche una certa modernità e indipendenza, elementi che erano particolarmente significativi nel periodo tra le due guerre mondiali. “Il Velo Verde” è quindi un potente simbolo di femminilità e libertà, racchiuso in un’estetica raffinata e sofisticata. Il quadro realizzato presso Officina dell’Arte dona all’opera luminosità e colore. Il volto è dipinto di color rosa cipria su legno, i capelli raccolti sotto al velo sono realizzati in tessere di mosaico dalle diverse sfumature di marrone, il velo che incornicia il volto è composto da tessere di mosaico verdi e turchesi, murrine e piccole pietre preziose. Anche l’iride degli occhi è realizzata in mosaico, color viola con sfumature gialle che donano luce al suo sguardo. Le labbra carnose sono riempite da lastre di vetro color rosso fuoco. Lo sfondo, come nell’opera originale, risulta scuro con sfumature intense, per donare maggior profondità all’opera e far risaltare il soggetto protagonista.
Opera numero 3. Domatrice con Tigre di Fernando Botero, 2007
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima di Botero realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, plastica, velluto, piuma, smalti veneziani e colori acrilici.
Dimensioni 73,50×93. Anno di realizzazione 2022
“Domatrice con tigre” di Fernando Botero è un’opera caratteristica dello stile unico dell’artista colombiano, noto per le sue figure tondeggianti e il suo uso audace dei colori. In questo dipinto, una donna robusta, ritratta con una forte presenza, è sdraiata sopra a una tigre addomesticata. La donna, con un’espressione sicura e decisa, simboleggia il potere e il controllo, mentre la tigre, con il suo corpo sinuoso, rappresenta un equilibrio tra forza e grazia. La composizione è ricca di colori vivaci e forme arrotondate, tipiche di Botero. L’opera invita lo spettatore a riflettere sul concetto di potere, sia in un contesto personale che sociale, ed è un esempio eccellente della capacità di Botero di unire elementi di umorismo e serietà, creando un’esperienza visiva memorabile e coinvolgente. L’opera realizzata presso Officina dell’Arte è frutto di una fusione tra i colori acrilici, il mosaico e il riutilizzo di materiali di scarto. Il corpo della dominatrice e della tigre sono dipinti, mentre gli abiti della donna e le striature della tigre sono decorati con tessere di mosaico. La donna indossa un copricapo realizzato in mosaico dal quale si erge sinuosa una piuma di color rosa. Lo sfondo è di velluto rosso porpora, diviso in quadrati definiti da stecche di plastica nere che altrimenti sarebbero state gettate. Il tappeto su cui poggia la tigre è interamente realizzato in mosaico, con l’utilizzo dei colori marroni e blu.
Opera numero 4. Bagnante sulla spiaggia, 2022 di Fernando Botero
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima di Botero realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, smalti veneziani, velluto, sabbia e colori acrilici.
Dimensioni 73,50×93. Anno di realizzazione 2022
“Bagnante sulla spiaggia” di Fernando Botero è un’opera che cattura la tipica estetica dell’artista, caratterizzata da figure sovrappeso e colori vivaci. In questo dipinto, una donna corpulenta è sdraiata su un lettino da spiaggia, immersa in un’atmosfera di relax e svago estivo. La figura della donna, con le sue curve generose, emana un senso di vitalità e presenza. I dettagli, come il costume da bagno e gli accessori, sono resi con una certa semplicità, ma riflettono il calore e la gioia della vita balneare. Sullo sfondo le onde del mare e una distesa di palme. Botero, attraverso questa composizione, invita a riflettere sulla bellezza del corpo e sulla celebrazione della vita quotidiana, sfidando le convenzioni estetiche tradizionali. L’opera trasmette un senso di piacere e tranquillità, rendendo “Bagnante sulla spiaggia” un esempio del suo stile distintivo e della sua visione artistica, che celebra l’umanità in tutte le sue forme. L’opera realizzata da Officina dell’arte riprende fedelmente il dipinto originale. La protagonista è dipinta su legno e indossa un costume da bagno intero realizzato in velluto color rosso porpora utilizzando materiali di scarto. I capelli sono di vetro nero. La struttura in legno su cui la figura è sdraiata è dipinta di color marrone su legno, mentre l’asciugamano è realizzato con tessuti di scarto a righe verdi e rosse. La sabbia è anche materiale di riciclo che dona all’opera una parvenza ancora più realistica. Il mare sullo sfondo è dipinto su legno mentre la palme sono realizzate con tessere musive di varie sfumature di verde.
Opera numero 5. Studio della testa di un soldato per la battaglia di Anghiari (particolare) di Leonardo da Vinci, 1504 circa
Opera nata dalle suggestioni del disegno omonimo di Leonardo Da Vinci e realizzata presso l’Officina dell’Arte con chiodi e viti di vari colori e fogge in legno dipinto.
Dimensioni 60×60. Anno di realizzazione 2019
Nell’ottobre del 1503, la Repubblica di Firenze commissionò a Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 – Amboise, 1519) la realizzazione di un grande affresco che avrebbe dovuto decorare una delle pareti del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, sul tema della battaglia di Anghiari. Sulla parete opposta, Michelangelo Buonarroti (Caprese, 1475 – Roma, 1564) avrebbe invece dipinto un’altra scena di guerra, la battaglia di Cascina. Si trattava di un incarico di grande prestigio e di elevato valore simbolico: la Repubblica intendeva infatti celebrare gli eventi che avevano sancito il trionfo di Firenze sui suoi nemici, e intendeva farlo nell’ambiente più grande (54 metri di lunghezza per 23 di larghezza e 18 di altezza) e più prestigioso della sede del potere cittadino, il Salone dei Cinquecento, all’epoca il “Salone del Maggior Consiglio”. Si trattava di un’operazione estremamente impegnativa, date le dimensioni dell’ambiente e la novità del soggetto, tanto che alla fine né Leonardo né Michelangelo riuscirono a portare a termine l’impresa: il primo perché fallì nel tentativo di sperimentare una particolare tecnica realizzativa, il secondo perché abbandonò il progetto prima di portarlo a termine, lasciando Firenze per trasferirsi a Roma. La battaglia che toccò a Leonardo fu combattuta il 29 giugno del 1440 ad Anghiari, vicino ad Arezzo, tra l’esercito di Firenze e quello di Milano. Il momento su cui si concentrò l’attenzione di Leonardo da Vinci è quello della lotta per lo stendardo. Leonardo scelse di rappresentare la feroce battaglia tra i capi degli schieramenti a cavallo per entrare in possesso del vessillo dell’esercito milanese: non ci sono noti gli originali leonardiani, ma soltanto copie o derivazioni, la più famosa delle quali è sicuramente la Tavola Doria, recentemente attribuita, pur senza consenso unanime, a Francesco Morandini detto il Poppi (Poppi, 1544 – Firenze, 1597), uno dei maggiori artisti del secondo Cinquecento in Toscana. Meno noti, ma non meno importanti, sono due disegni forse tratti dal cartone originale (che purtroppo al momento non ci è noto): uno conservato nelle collezioni dei Reali dei Paesi Bassi all’Aia (forse è la versione più vicina all’originale di Leonardo) e uno custodito al Louvre, opera di un anonimo ma ritoccata nel Seicento da Pieter Paul Rubens. La “Testa rossa di Leonardo da Vinci”, conosciuta anche come “Studio della testa di un soldato”, è un affascinante disegno che mette in evidenza la maestria di Leonardo nel catturare l’anatomia e le emozioni umane. La figura rappresenta un soldato con un’espressione intensa e meditativa, caratterizzata da un’attenzione particolare ai dettagli del viso, come le linee del contorno e i chiaroscuri. La testa è inclinata, suggerendo un momento di riflessione o contemplazione. Il colore rosso del disegno, probabilmente realizzato con una tecnica a sanguigna, conferisce una qualità vibrante e dinamica all’opera. Leonardo utilizza il contrasto tra luce e ombra per enfatizzare la tridimensionalità del volto, rendendo l’espressione ancora più incisiva. In questo studio, si può notare anche l’interesse di Leonardo per la psicologia del soggetto, esprimendo non solo la fisionomia del soldato, ma anche un certo stato d’animo. L’opera riflette l’approccio scientifico dell’artista all’arte, combinando osservazione attenta e intuizione creativa. L’opera realizzata da Officina dell’Arte riprende fedelmente il disegno di Leonardo. I contorni sono stati prima disegnati su tavola di legno dipinta, poi ripassati con una serie di viti e chiodi di varie fosse e misure in grado di creare i chiaroscuri in modo naturale grazie all’illuminazione dei faretti da esposizione.
Opera numero 6. Particolare tratto da Madonna Litta di Leonardo Da Vinci – 1490-1491
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima di Leonardo Da Vinci realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, conchiglie, perle di vetro e legno dipinto.
Dimensioni 70×70. Anno di realizzazione 2019
La “Madonna Litta” di Leonardo da Vinci è un capolavoro rinascimentale che rappresenta la Vergine Maria con il Bambino Gesù. Questa opera, datata tra il 1480 e il 1490, è nota per la sua straordinaria espressione di dolcezza e intimità. Nel dipinto, Maria è raffigurata mentre tiene il Bambino Gesù in braccio, che si appoggia affettuosamente a lei. I loro volti sono delicatamente modellati, esprimendo amore e tenerezza. La Madonna indossa un manto blu e rosso, simboli di regalità e umanità, tipici dell’iconografia. Il velo scende dalla testa e si avvolge leggero sul piccolo Gesù, che stringe il cardellino nella mano sinistra, simbolo della Passione per il colore sanguigno della testa. Lo sfondo è caratterizzato da un paesaggio sfumato che conferisce profondità all’immagine. La composizione è armoniosa e bilanciata, con una luce soffusa che avvolge i protagonisti, creando un’atmosfera serena e contemplativa. La “Madonna Litta” è un esempio magistrale della capacità di Leonardo di fondere il sacro con l’umano, enfatizzando il legame profondo tra madre e figlio. L’opera è celebre anche per il suo uso del chiaroscuro e della prospettiva, elementi che rendono i volti vibranti e tridimensionali. La “Madonna Litta” è oggi custodita al Museo Ermitage di San Pietroburgo, ed è considerata uno dei grandi simboli della pittura rinascimentale. Nell’opera a mosaico realizzata in Officina dell’Arte si può ammirare il particolare del volto di Madonna Litta realizzato con tessere di vetro policrome, conchiglie, perle di vetro e legno dipinto. Il volto dalla carnagione chiara e angelica, i capelli castani e l’abito rosso sono dipinti ad acrilico su legno. Sul bordo dell’abito rosso sono applicate delle perle di vetro a decorazione dell’abito. Il bordo del mantello che si appoggia sulle spalle è invece riempito da tessere di vetro color oro. Il copricapo è tempestato di conchiglie che trovano in quest’opera una seconda vita, abbandonate dal mare, vengono qui riutilizzate come gemme preziose. Lo sfondo è una composizione di tessere policrome nere, grigie e argento. La cornice è realizzata in legno dipinto di nero.
Opera numero 7. L’autobus di Frida Kahlo, 1929
Opera nata dalle suggestioni dell’opera omonima di Frida Kahlo e realizzata presso l’Officina dell’Arte con colori acrilici, pasta vitrea, salti veneziani, graniglia, legno, vetro colorato, marmo, murrine, vetro con foglia d’oro ed oggetti di uso comune.
Dimensioni 183,2×83,2. Anno di realizzazione 2022
Nel 1925 a Città del Messico, in una giornata qualunque, Frida insieme al fidanzato Alejandro sale su un pullman vecchio ed affollato. La ragazza riesce a sedersi grazie ad un uomo che le cede il suo posto. L’uomo stringe tra le mani un sacchetto contenente una polvere dorata che dice di voler donare alla Vergine di Guadalupe – si può rintracciare il sacchetto nel dipinto-. Lei, attratta da questo contenuto, su incitazione dell’uomo, si lascia dorare la fronte con la polvere che l’uomo definisce come protettiva e salvifica. Purtroppo, esattamente in quell’istante, l’autobus si scontra con un altro. Frida descrive l’accaduto nel suo stato confusionale in una delle sue numerose lettere. In molti pensano che per la ragazza non ci sia salvezza. Frida Kahlo aveva 20 anni e quell’incidente segnerà profondamente il suo percorso di vita. È proprio in seguito allo spiacevole episodio che prende vita il suo percorso artistico: costretta ad una lunga degenza e lenta ripresa, inizia a dipingere fino al 1954, anno della sua morte. La pittura fu l’unico atto salvifico per la sua anima sconvolta e tormentata. Dipinge “L’autobus” nel 1929, dai colori lucenti e dallo sfondo squadrato e prospettico. Compaiono una lunga schiera di persone sedute, un bambino che si affaccia al finestrino per osservare l’esterno, un uomo col cappello che tiene in mano il sacchetto, una donna scalza che allatta, un uomo vestito con una tuta da lavoro blu, una donna che porta un cestino e per ultimo lei, Frida, che si rappresenta come ultimo passeggero. Apparentemente un’opera che non rimanda a nessuno strazio di vita, anzi potrebbe soltanto rappresentare i diversi strati culturali della popolazione. In realtà il gesto pittorico sarà l’unico a placare la mente traumatizzata dal violento incidente. L’opera realizzata presso l’Officina dell’Arte, di grandi dimensioni, fonde la classica tecnica musiva al riutilizzo di materiali di scarto come ad esempio conchiglie, legno, pezzi di corteccia, tessuti vari. L’opera riprende fedelmente l’originale della Khalo. Si notano quindi i 6 protagonisti realizzati usando la pittura e decorati con tessere di mosaico policromo, murrine, lastre di vetro. La panchina su cui sono seduti è dipinta, le pareti dell’autobus sono di legno, il pavimento in tessere color sabbia. Sullo sfondo si ergono due edifici, la muratura è dipinta su legno mentre le finestre sono decorate da tessere di mosaico. Sullo sfondo verdi colline dipinte su legno con alberi realizzati in corteccia di scarto e conchiglie che compongono la chioma dell’albero. Il cielo è comporto da piccole tessere di vetro di varie sfumature di azzurro.
Opera numero 8. Giuditta 1 di Gustav Klimt, 1901-1902
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima di Klimt realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere oro, lastre di vetro dorato, legno dipinto, swarovski, murrine, glitter e vernici acriliche.
Dimensioni 60×60. Anno di realizzazione 2018
“Giuditta I” di Gustav Klimt, realizzata tra il 1901 e il 1902, è un’opera iconica che rappresenta la figura biblica di Giuditta, famosa per aver decapitato il generale babilonese Oloferne. Questa tela è caratterizzata da uno stile ornamentale e decorativo, tipico di Klimt, che mescola elementi simbolisti e art nouveau. Nel dipinto, Giuditta è raffigurata in primo piano, con un’espressione di determinazione e potere. La sua figura è avvolta in un abito ricco di motivi dorati e complessi, che riflettono il suo status di figura femminile forte e autonoma. La mano destra solleva la testa decapitata di Oloferne, mentre la sinistra si posiziona sul suo fianco, creando un senso di potere e controllo. L’uso abbondante dell’oro, insieme ai dettagli decorativi, conferisce all’opera un aspetto quasi mistico, creando un contrasto tra la bellezza di Giuditta e la violenza dell’atto che compie. Lo sfondo è composto da motivi astratti e dorati, che rendono la figura di Giuditta ancora più centrale e magnetica. “Giuditta I” esplora temi di femminilità, potere e seduzione, rivelando la complessità della figura femminile nell’arte e nella cultura. L’opera è un esempio straordinario della maestria di Klimt nell’unire simbolismo, erotismo e decorazione. Oggi è esposta presso il Museo dell’Opera di Vienna. L’opera realizzata da Officina dell’Arte raffigura il ritratto di Giuditta, inquadrando quindi solamente il volto e mezzo busto. Il volto e la veste sono dipinti su legno, la veste è stata cosparsa di brillantini per donare lucentezza all’abito. I capelli nero corvino sono realizzati con tessere di vetro, la collana è di lastre di vetro color oro, perle, swarowski, murrine. Lo sfondo è realizzato da lastre di vetro dorato su sfondo nero.
Opera numero 9. L’aspettativa di Gustav Klimt,1909
Mosaico nato dalle suggestioni dell’opera omonima di Klimt realizzato presso l’Officina dell’Arte con tessere di vetro policrome, legno dipinto, murrine, glitter, tessere oro, swarovski, e pitture acriliche.
Dimensioni 60×60. Anno di realizzazione 2018.
“L’aspettativa” di Gustav Klimt, realizzata tra il 1905 e il 1909, è un’opera che cattura l’attenzione per il suo simbolismo e la sua bellezza decorativa. Il dipinto è caratterizzata da una figura femminile stilizzata che si erge in una posa di attesa, con il capo leggermente inclinato e lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. La figura è vestita in un abito riccamente decorato con motivi geometrici e floreali, dominato dai colori oro e rosso. L’uso della foglia d’oro conferisce all’opera una qualità lussuosa e sacra, tipica del periodo dorato di Klimt. Dietro la figura, i rami dell’albero della vita si estendono in eleganti spirali, creando un senso di movimento e dinamismo. Il terreno su cui la figura si trova è decorato con motivi ondulati, che suggeriscono un paesaggio astratto e onirico. I dettagli intricati e la composizione armoniosa riflettono la maestria di Klimt nel combinare elementi decorativi e simbolici in un’opera coesa e visivamente accattivante. Klimt riesce a trasmettere una sensazione di sospensione temporale, enfatizzando l’emozione dell’attesa stessa. “L’Attesa” è un’opera ricca di simbolismi. La figura femminile rappresenta l’attesa stessa, un tema universale che può essere interpretato in vari modi. L’abito decorato con motivi geometrici e floreali simboleggia la complessità e la bellezza della vita, mentre i rami dell’albero della vita rappresentano la connessione tra tutte le forme di esistenza. Il tema dell’attesa può essere visto come un riflesso della condizione umana, un momento di sospensione tra il passato e il futuro, tra il desiderio e la realizzazione. L’uso della foglia d’oro non solo aggiunge un elemento di lusso, ma conferisce anche un senso di eternità e sacralità all’opera. L’opera realizzata da Officina dell’Arte inquadra il primo piano della donna. Il volto e il corpo sono dipinti su legno, i capelli decorati da tessere musive di color nero e impreziositi da un copricapo in vetro dorato, murrine e tessere musive policrome. I gioielli e l’abito sono realizzati con lastre di vetro di oro e bronzo, murrine di varie forme e colori. Lo sfondo chiaro è realizzato con tessere di vetro color giallo, mentre l’albero della vita è realizzato con lastre di vetro color bronzo.
Ricordiamo che tutte le opere sono in vendita per sostenere Fondazione Bambini e Autismo di Pordenone.
Per informazioni inviare un’e-mail a direzione@officinadellarte.org
Ringraziamo l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS-APS Pordenone – U.I.C.I. per il grande supporto nella realizzazione di QR code, testo dedicato e didascalie in Braille.